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  • Immagine del redattoreGiorgio Tarditi Spagnoli

L’esoterismo Rosacroce di Dante

Aggiornamento: 2 giu 2022


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O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani. – Inferno IX, 61-63

Rudolf Steiner disse che Dante era stato iniziato dal suo maestro Brunetto Latini, e che egli a sua volta aveva avuto una iniziazione naturale, durante un viaggio a cavallo. Cadde e si ritrovò immerso in immaginazioni spirituali. La sua iniziazione avvenne dunque per il suo stesso karma. Il livello di iniziazione di Brunetto e Dante è quello dell’Immaginazione, ovvero del sogno cosciente, in cui si rivelava appunto lo spirito femminile della Natura o Urania, chiamata anche Sofia. Per Dante prende il nome di Beatrice.


La Divina Commedia è infatti il racconto del viaggio nelle sfere celesti compiuto da Dante durante l’iniziazione, commisto a parti non frutto di visione chiaroveggente, come appunto la polemica politica, che pure era parte di un progetto di riformismo sociale sia di Dante che di Brunetto. Entrambi infatti facevano parte dei Fedeli d’Amore: alcuni dei suoi membri, tra cui Dante e Boccaccio, ereditarono la missione templare, dopo che i Templari furono distrutti dal re di Francia Filippo il Bello e papa Clemente V nel 1314 – proprio nello stesso periodo in cui Dante scriveva la Commedia.


Le prove più alte dell’esoterismo di Dante, infatti, consistono nelle visioni del Paradiso, dove viene intimata una delle conoscenze dei Templari sulla genealogia di Gesù (e non si tratta ovviamente della “teoria del sangue reale” di Baigent, che è pura congettura romanzesca) e del simbolo della Rosa+Croce.


Questa corrente viene preannunciata proprio da Dante, un Rosa+Croce ante-litteram. La Rosa+Croce è inscritta nella struttura stessa del Paradiso di Dante dove la Rosa dei Beati dell’Empireo (la Candida Rosa o Rosa Mystica), si sovrappone alla Croce del Mistero del Golgotha cosmico del Cielo di Marte. Non solo, questa associazione tra Marte e la crocifissione è pure un’allusione alla successiva crocifissione di Siddartha sul piano astrale, missione cosmica che gli fu affidata da Christian Rosenkreuz dopo la sua ultima incarnazione terrestre quale Gautama Buddha.


La sua iniziazione avvenne dunque per il suo stesso karma. Verso la metà del ‘200 soggiornò in Spagna come ambasciatore di Firenze: in quel crogiolo di culture, occidentale e mediorientale, aveva appreso avanzate conoscenze in campo astronomico e astrologico, portate dai musulmani. Lì apprese anche dell’esistenza di un lato esoterico dell’Islam, il sufismo. Nel 1260 Brunetto lasciò la Spagna per tor    nare a Firenze. Si trovava su un passo sperduto tra le Alpi, quando incontrò un viaggiatore, uno studente in direzione di Parigi: salutandosi chiese della situazione politica a Firenze e così lo raggiunse la cattiva notizia. I guelfi erano stati espulsi da Firenze e dunque Brunetto non poteva tornare alla sua amata città natia.


Sconvolto dalla notizia, Brunetto imboccò una strada che non conosceva e s’inoltrò così in una “selva diversa” dove cadde come folgorato: si ritrovò davanti una parata di animali del bosco, guidati da una figura gigantesca. Una donna. Immerso in questa immaginazione spirituale, la donna rivelò di essere Madre Natura, le cui creazioni agivano come emanazioni del Creatore stesso. Madre Natura gli mostrò la storia della creazione del mondo e dell’uomo che, a coronamento della creazione, possedeva la scintilla divina con la capacità di discernere bene e male. Gli venne mostrata anche la fisiologia occulta dell’uomo, con i suoi quattro temperamenti. Incontrò anche altre entità spirituali, quali le Quattro Virtù nonché i geni dei Sette Sacri Pianeti. La descrizione di ciò che sperimentò durante questa grandiosa immaginazione viene da racchiusa nel suo Tesoretto.


A quel punto la vita di Brunetto aveva preso la “strada meno battuta”: dato che non poteva tornare a Firenze, decise di proseguire per Parigi con l’intenzione di conoscere Alberto Magno, dottore della chiesa nonché esoterista studioso di alchimia e scopritore della Tavola Smaragdina di Ermete Trismegisto, l’iniziatore della cultura egizia. Fu anche maestro di Tommaso d’Aquino e Brunetto ebbe la fortuna di incontrarli entrambi e di discutere con loro le idee dei neoplatonici di Chartres. A loro affidò la spiegazione della visione. Successivamente a questo fatto, Brunetto fu iniziato nell’ordine laico dei Cavalieri Templari, la Fede Santa. L’ordine serviva come portavoce della corrente Templare, così che potesse avere l’appoggio anche di filosofi, artisti e intellettuali al di fuori dell’ordine.


Nel 1266 Brunetto, essendo stati sconfitti i ghibellini, poté finalmente ritornare a Firenze e lì poté finalmente incontrare il suo studente, Dante, al quale insegnò sia ciò che aveva appreso dagli astronomi islamici in Spagna, sia della sua iniziazione templare in Francia: Dante scrive che Brunetto gli insegnò “a dispiegare la sua vita eterna”. “Virgilio” fu il nome iniziatico che Brunetto assunse in Francia, a Parigi, quando fu formalmente iniziato entro Notre Dame per opera degli ultimi tra i Templari. La corrente Templare riuniva in sé gli influssi ebraici con il culto di Salomone, egiziani col culto di Iside-Sofia-Maria a cui ogni loro cattedrale era consacrata, quelli arabi del sufismo nelle tecniche di meditazione. Il sufismo fu la stessa corrente che poi fu compenetrata dal Mistero del Golgotha da Christian Rosenkreutz nel suo viaggio a Damcar e Damasco. Per questo motivo possiamo vedere nel Virgilio che scorta Dante sia il grande poeta iniziato romano che l’Io Superiore di Brunetto stesso, la cui anima invece giace ancora nell’Inferno dove deve redimere le proprie brame.


Il grado di iniziazione di Brunetto è quello dell’Immaginazione, ovvero del sogno cosciente, in cui si rivelava appunto lo spirito femminile della Natura o Urania, chiamata anche Sofia. Per Dante il livello di iniziazione è quello dell’Ispirazione, il sonno cosciente. Per lui la Sofia prende il nome di Beatrice, una bambina che incontrò quando aveva 9 anni durante una festa. La incontrò di nuovo a 17 anni, quando le apparve anche in sogno: vide un angelo che teneva tra le braccia Beatrice, avvolta in un manto rosso. L’angelo svegliò la ragazza e le fece mangiare il cuore fiammeggiante del poeta. Da quel momento in Dante crebbe la convinzione aver incontrato la sua stessa anima al di fuori di lui. Sarà la costante presenza della donna angelicata Beatrice a catalizzare le aspirazioni superiori di Dante, ispirandolo a scrivere la Divina Commedia.


Gustave Doré: Beatrice, Purgatorio, Canto XXX (1568)

Ibn Arabi nonché la missione Templare. La Divina Commedia è il culmine della visione del mondo medievale e insieme il suo superamento, così che Dante diviene non solo l’ultimo uomo sintesi del Medioevo, ma anche il primo uomo universale del Rinascimento. Il testo è commisto a parti non frutto di visione chiaroveggente, come appunto la polemica politica, che pure era parte di un progetto di riformismo sociale sia di Dante che di Brunetto. Entrambi infatti facevano parte dei Fedeli d’Amore: un gruppo di poeti che riprendeva la struttura della Fede Santa, i suoi adepti nascondevano i messaggi esoterici con un nuovo modo di scrivere, noto sotto il nome di “dolce stil novo“: alcuni dei suoi membri, tra cui Dante e Boccaccio, ereditarono la missione templare, dopo che i Templari furono distrutti dal re di Francia Filippo il Bello e papa Clemente V che li misero al bando venerdì 13 ottobre del 1307 (da cui la superstizione del venerdì 13) – proprio nello stesso periodo in cui Dante stava scrivendo la Commedia. La fine dei Templari fu definita da Steiner uno dei crimini più orribili della storia dell’umanità.


Medaglia di Pisanello

L’acronimo S.K.I.P.F.T. sulla coda del medaglione del Pisanello dedicato a Dante: Fides Sanctae Kadosh, Imperium Principatus, Frater Templarius. In alternativa l’acronimo significa “Fides Spes Karitas, Iustitia Prudentia Fortitudo Temperantia”, ovvero le sette virtù: tre teologali più quattro cardinali. Le sette virtù sono l’inversione dei sette vizi capitali e vengono sviluppate attraverso le sette arti liberali, ovvero il comando dei Sette Sacri Pianeti.


Dal periodo successivo all’iniziazione nella Fede Santa deriva la medaglia commemorativa del Pisanello custodita oggi al Museo di Vienna, in cui su un verso è raffigurata l’effige di Dante mentre sull’altro, un’acronimo: F.S.K.I.P.F.T. che secondo Guénon si può tradurre come Fidei Sanctae Kadosh, Imperialis Principatus, Frater Templarius ovvero “Kadosh della Fede Santa, Principato dell’Impero, Fratello Templare”. Il termine Kadosh significa “sacro” in ebraico e rimane uno dei titoli degli alti gradi della massoneria (il 30° nel Rito Scozzese Antico e Accettato). Il tema di questo grado è “vendetta”, ovvero la retribuzione karmica, e su questo si basa tutto il processo di purificazione spirituale della Divina Commedia, a partire dalla legge del contrappasso, fino alla vendetta dei Cavalieri Templari stessi su chi ha ordito la distruzione dell’Ordine. 


Esplicitamente, la vendetta compare nei versi di Dante che Guénon paragona all’invocazione dei Kadosh ad Adonai:

O Signor mio [Adonai], quando sarò io lieto a veder la vendetta che, nascosta, fa dolce l’ira tua nel tuo secreto? – Purgatorio XX, 94-96

Tale vendetta viene compiuta da Dante, prima che dall’ultimo Gran Maestro Jacques de Molay, descrivendo Clemente V e Filippo il Bello come la perversione del potere spirituale (Lucifero) e temporale (Arimane) che nel 1314 (prodromo del 1332 = 666 x 2) pose definitiva fine all’Ordine dei Cavalieri Templari. Dante completò la Commedia in quel periodo. Descrivendo la processione simbolica nell’Eden, sulla cima del Purgatorio, Dante descrive Filippo un gigante che stringe una prostituta, la curia papale, alla guida del carro della chiesa cattolica. Inoltre l’ultimo compagno di viaggio di Dante, Bernardo da Chiaravalle, è il santo che scrisse la regola dei Cavalieri Templari. Questa serie di fatti così esplicita già deve far dubitare di qualsiasi interpretazione voglia Dante un esaltatore del papato e della chiesa cattolica. Steiner svela il retroscena karmico di Filippo il Bello, descrivendolo come la reincarnazione del mago nero che fu crocefisso in Messico da un eroe solare azteco, come inversione del Mistero del Golgotha parallelamente alla crocifissione di Cristo che avveniva in Palestina.


I tre mondi della Divina Commedia

Il primo rimando iniziatico più evidente della Commedia è la costruzione numerologica del poema stesso. Le tre cantiche rappresentano infatti la tripartizione dell’uomo secondo l’esoterismo: corpo = Inferno, anima = Purgatorio, spirito = Paradiso. Ognuna delle tre cantiche è composta da 33 canti per un totale di 33 x 3 = 99, a cui si aggiunge un proemio al cantico dell’Inferno, per un totale di 100 canti. 33 sono gli anni vissuti da Gesù, così come 3 sono quelli vissuti da Cristo nel corpo di Gesù. 33 sono anche i gradi nella massoneria di Rito Scozzese Antico e Accettato. 33 = 11 x 3, essendo 11 un numero legato alla tradizione templare. Ognuno dei tre mondi sovrasensibili di Dante, ha una struttura fondamentale divisa in 7: i 7 cerchi dell’Inferno, le 7 cornici del Purgatorio e i 7 cieli del Paradiso.


I Sette Mondi nella scienza dello spirito, dall'inferiore al superiore: 1) Mondo Fisico in cui è compreso il Mondo Eterico; 2) Mondo Astrale; 3) Devachan o Mondo Mentale, che si divide in Inferiore e Superiore; 4) Mondo Buddhico; 5) Nirvana; 6) Paranirvana; 7) Mahaparanirvana.

I Sette Mondi nella scienza dello spirito, dall’inferiore al superiore: 1) Mondo Fisico in cui è compreso il Mondo Eterico; 2) Mondo Astrale; 3) Devachan o Mondo Mentale, che si divide in Inferiore e Superiore; 4) Mondo Buddhico; 5) Nirvana; 6) Paranirvana; 7) Mahaparanirvana.


La Terra, l’Inferno e il Purgatorio sono collocati entro il mondo elementare, composto dai quattro elementi. Inoltre Inferno e Purgatorio condividono la suddivisione secondo i sette peccati capitali e dunque sono l’uno l’inverso dell’altro, anzi la porzione di terra che si ritrae per orrore dalla caduta di Lucifero-Satana, si innalza dalla parte opposta della Terra a formare il Monte Purgatorio stesso. Inferno e Purgatorio sono dunque ancora spazio-temporali, ed nel Purgatorio, nonostante sia già entro la grazia dei cieli, vi è ancora il tempo essendo legato al destino della Terra. L’Inferno e il Purgatorio sono dunque l’equivalente del Kama-loka nella tradizione teosofica e antroposofica, in cui l’Inferno è la metà più bassa e il Purgatorio quella più alta vicina al Devachan, ovvero il Paradiso. A questo proposito Dante fa inoltre un implicito accenno alla dottrina dell’incorruttibilità dello spirito individuale, l’Io, infatti indica come “anime” quelle residenti all’Inferno e “Spiriti” gli abitanti di Purgatorio e Paradiso. Questa simbologia cabalistica pone Dante come poeta iniziato.


Tre sono anche i richiami al mondo delle stelle, ognuno alla fine delle tre cantiche ed ognuno che suggerisce a stelle sempre più elevate e sublimi:

E quindi uscimmo a riveder le stelle– Inferno XXXIV, 139
Gustave Doré: Inferno, Canto XXIV (1565)

Avendo disceso il corpo peloso e ghiacciato di Lucifero, ad un tratto, si sentono sollevati: sono passati attraverso il centro della Terra, e sono fuoriusciti lungo la coda di Lucifero. Quando escono a rivedere le stelle, sono dunque nell'emisfero australe, sulla spiaggia dell'Antipurgatorio, tanto che si fa accenno alla Croce del Sud, l'equivalente australe dell'Orsa Maggiore per importanza nella navigazione, una costellazione che non era nota agli astronomi dei suoi tempi. Comparve solo agli inizi del '600. Sui Templari, com'è noto, circolano anche leggende sulla loro tradizione come navigatori ed esploratori, anticipatori delle scoperte del rinascimento, come il continente Americano, le Isole del Nord, e infine l'emisfero Australe. La Croce del Sud, le cui stelle per Dante sono le quattro Virtù Cardinali, si riferisce proprio alla croce simbolo dei Templari.

Puro e disposto a salir a le stelle– Purgatorio XXXIII, 145
Gustave Doré: Purgatorio, Canto XXXIII (1567)

In cima al Monte Purgatorio, Beatrice accompagna Dante attraverso l'Eden. Qui incontra gli spiriti delle quattro Virtù Cardinali e delle tre Virtù Teologali beve delle acque del Lete e cade nell’oblio, poi beve delle acque dell’Eunoé e recupera la memoria del bene compiuto: espiati i sette vizi capitali e acquisite le sette virtù, può ascendere al Paradiso. Avendo operato il V.I.T.R.I.O.L. alchemico ha compiuto la Nigredo (Inferno) e l’Albedo (Purgatorio) ora è pronto per la Rubedo (Paradiso). A questo punto ha superato il Kama-loka (Inferno + Purgatorio) e dunque è pronto ad elevarsi dal Mondo Astrale alle stelle del Mondo Spirituale, il Devachan: da questo momento, per i morti vale adesso il detto latino De mortuis nihil nisi bonum, “dei morti non si dice che il bene”, poiché hanno già scontato tutto il male che hanno compiuto nella vita precedente.

L’amor che move il Sole e l’altre stelle– Paradiso XXXIII,145
Gustave Doré: Inferno, Canto I (1565)

Dopo che anche Bernardo da Chiaravalle, l'ultima guida, lascia il sommo poeta, egli arriva solo alla fine del viaggio iniziatico: esattamente come si era addentrato nella "selva oscura", quando era sotto l'egida delle tre fiere, il suo io inferiore. Solo che, mentre prima lo attendevano l'abbandono di ogni speranza all'entrata dell'Inferno, ora egli stesso è la Speranza. Dante, non solo ha purificato il suo pensare (Nigredo-Inferno) e il sentire (Albedo-Purgatorio), ma anche il suo volere (Rubedo-Paradiso): il volere di Dante è ora il volere del suo Io Superiore. Mentre prima ne aveva una conoscenza solo intellettuale, ora Dante sa per esperienza diretta che l'Amore, che è Cristo e dunque la Trinità, è il motore di tutto il cosmo, sia esso il macrocosmo (il Sole e gli altri corpi celesti) che il microcosmo (l'uomo e i corpi sottili). Avendo l'uomo-Dante scoperto il Dio interiore, Dio e uomo sono così ricongiunti.

Gustavé Doré: Rosa celeste (1867)

Gustavé Doré: Rosa celeste (1867)


La corrente rosicruciana stessa viene preannunciata proprio da Dante, un Rosa+Croce ante-litteram. Le prove più alte dell’esoterismo rosicruciano di Dante consistono in alcune allusive visioni del Paradiso. Innanzi tutto è contenuto un riferimento simbolico al Pellicano quale Cristo:

Questi è colui che giacque sopra ’l petto del nostro pellicano, e questi fue di su la croce al grande officio eletto. – Paradiso XXV, 112-114

Il 18° grado del Rito Scozzese è proprio il “Sovrano Principe di Rosa-Croce detto anche Cavaliere dell’Aquila e del Pellicano”: nei bestiari medievali il pellicano veniva considerato l’uccello che più rappresenta il sacrificio del Cristo. Secondo la leggenda i suoi pulcini lottano tra di loro per nutrirsi, arrivando a morirne. Rimangono morti per tre giorni e mezzo, momento in cui la madre pellicano si ferisce il candido petto con il becco acuminato per offrire loro il suo stesso sangue, nell’atto di caritas supremo. Ecco dunque i colori dei Rosa+Croce: il nero della morte che diviene bianco nel momento in cui viene compiuto il sacrificio del nostro io inferiore. I tre colori nero, bianco e rosso, sono gli stessi dell’alchimia: secondo la sequenza di morte (nero, nigredo), purificazione (bianco, albedo) e sacrificio (rosso, rubedo). Nel laboratorio alchemico vi era anche un recipiente di vetro, dotato di un becco che si inseriva nella parte sferica più ampia, il pallone: era detto appunto pellicano e serviva per l’operazione di “coobazione”, cioè di continua distillazione dello stesso liquido ad ottenerne uno più sottile.

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Il pellicano è simbolicamente il Cristo, che sacrifica la sua stessa vita per amore dei suoi figli, gli esseri umani. I sette pulcini possono essere considerati i sette pianeti, cioè i sette vizi redenti nelle sette virtù dal sacrificio. Nella sua raffigurazione massonica, il pellicano viene associato al compasso che rappresenta il Grande Architetto dell’Universo (il Padre); all’acronimo I.N.R.I., cioè alla croce dei quattro elementi della Creazione (il Figlio), alla rosacroce quale resurrezione dalla morte (lo Spirito Santo). L’insieme indica la coincidenza del sacrificio del Cristo con il raggiungimento dello stato interiore di “Rosa+Croce”.


Nel Paradiso infatti non vi è più la dimensione temporale legata alla terra, essa si estingue nell’Eden: una volta immerso nel fiume Lete, che cancella la memoria del male compiuto, e purificatosi nel fiume Eunoé, che permette il ricordo del bene compiuto, Dante ascende nel suo stato di coscienza al primo cielo, della Luna. Virgilio qui lascia il posto a Beatrice. Il viaggio di Dante è un viaggio spirituale verso stati di coscienza superiori. Nello stato paradisiaco, Dante può osservare fatti del passato che si ripetono in un eterno presente quali la caduta di Lucifero ma anche la crocifissione di Cristo. Dunque possiamo vedere il simbolo della Rosa+Croce come inscritto nella struttura stessa del Paradiso in cui la Rosa dei Beati dell’Empireo (la Candida Rosa o Rosa Mystica) posta nell’ottavo cielo, si sovrappone alla Croce del Mistero del Golgotha cosmico del quinto cielo, il Cielo di Marte, in cui avviene continuamente la crocifissione di Cristo. Marte rappresenta il terzo chakra della gola (Visuddha) sul quale, come indica Steiner, i Rosa+Croce lavoravano attraverso la modulazione della voce, riconducendo vocali e consonanti alle entità spirituali che le presiedono. Ecco dunque il primo nesso spirituale: pur non essendo stato “formalmente” un Rosa+Croce, è arrivato alla contemplazione della rosacroce sostanzialmente, il che ne fa un precursore spirituale. Ricordiamo che Christian Rosenkreutz nacque nel 1378, cinquant’anni dopo la morte di Dante, e fu iniziato attraverso le Nozze Chimiche nel 1459 poi pubblicata in forma anonima nel 1616. All’epoca in cui Dante scrisse la Commedia, l’impulso spirituale della rosicruciano poteva essere già presagito da coloro che avevano ricevuto un’iniziazione nel cristianesimo esoterico.


Christian Rosenkreuz

Christian Rosenkreutz


Non solo, questa associazione tra Marte e la crocifissione è pure un’allusione alla successiva crocifissione di Siddartha sul piano astrale (qui potete leggerne la versione dell’amico antroposofo Tiziano Bellucci), missione cosmica che gli fu affidata da Cristiano Rosacroce dopo la sua ultima incarnazione terrestre quale Gautama Buddha. Steiner descrive come nel XV secolo su Marte si fosse raggiunta la decadenza spirituale, così che il pianeta non fu più in grado di inviare impulsi spirituali al volere all’uomo. Questo si tradusse sulla Terra in una più profonda caduta nella maya, anche nel mondo del linguaggio e nella perdita del senso spirituale dei nomi associati alle cose. L’uomo del XV secolo, al passaggio tra medioevo e rinascimento, non era più in grado di dire se la lingua fosse ispirata dallo spirito delle cose o se invece fosse solo una convenzione: così nel XV secolo si ebbe il culmine del dibattito tra nominalismo e realismo. Per questa decadenza degli spiriti di Marte, si rese necessario un evento che potesse fare da punto di svolta della storia, così come il Mistero del Golgotha lo era stato sulla Terra. La rimessa in moto dell’evoluzione marziana avrebbe significato anche l’invio di un nuovo impulso volitivo sulla Terra.


Nel 1604, Christian Rosenkreutz all’epoca disincarnato, in quanto membro dei Maestri della Saggezza e Armonia dei Sentimenti, decise che il Siddhartha Buddha avrebbe compiuto tale missione di sacrificio per il pianeta Marte. Infatti Buddha, quando nel VI secolo a.C. ricevette la sua illuminazione sotto l’albero del Bodhi “risveglio”, venendo in contatto con lo Spirito di Mercurio “Bhuda” in sanscrito, così come lo Spirito del Sole, Cristo, si incarnò nel battesimo del Giordano in Gesù di Nazareth. Dopo l’illuminazione Buddha non avrebbe più avuto successive incarnazioni fisiche sulla Terra, ma sarebbe rimasto nel mondo astrale, finché non venne trasferito sul pianeta Marte nel XVII secolo. Questo avvenne sul piano del Mondo Astrale e il veicolo più basso on cui operò Buddha fu proprio il corpo astrale, ponendolo così entro il corpo di un Arcangelo o Spirito di Popolo.


Il pianeta rosso era all’epoca un gigantesco campo di battaglia degli spiriti che lo abitavano e il Buddha dovette scendere sul campo di battaglia, rimanendo coinvolto nella lotta come condottiero di pace alla guida del popolo marziano. Essendo a livello del Mondo Astrale dobbiamo immaginarci una guerra fatta di passioni contrastanti. Per il sublime spirito di Buddha, che aveva la pace nella sua essenza spirituale, partecipare ad una guerra fu una vera e propria crocifissione. La guerra cessò. Da quel sacrificio del Buddha-Eloah di Mercurio, l’evoluzione marziana poté invertire la sua discesa e ascendere di nuovo, al contempo facendo sgorgare nuove forze volitive. Queste forze si riversarono sulla Terra attraverso le anime che, dopo il sacrificio di Buddha in poi, passano nel cielo di Marte durante la discesa nella nuova incarnazione. Si tradussero per la prima volta come forze che permettevano all’essere umano di coltivare la meditazione e al contempo la propria normale attività di ogni giorno.

Raffaello Sanzio: Madonna Terranuova (1504-05)




Raffaello Sanzio: Madonna Terranuova (1504-05): a sinistra Giovanni Battista bambino, a destra il Gesù bambino salomonico o regale del Vangelo di Matteo, al centro il Gesù nathanico o sacerdotale del Vangelo di Luca.




La seconda visione che si ricollega alla tradizione più esoterica del cristianesimo, è quella che circonda Dante nel Cielo del Sole, il quarto. In questa visione viene intimata una delle conoscenze dei Templari sulla genealogia di Gesù (e non si tratta ovviamente della “teoria del sangue reale” di Michael Baigent fatta propria da Dan Brown, che è pura congettura romanzesca), bensì della risoluzione dei paradossi contenuti nelle due genealogie elencate nel Vangelo di Luca e nel Vangelo di Matteo. Si tratta della storia dei due bambini Gesù, la cui ascendenza derivava da due linee diverse discendenti da Davide. Si deve il disvelamento di tale altissima verità spirituale a Rudolf Steiner, indicandone delle rappresentazioni nella storia dell’arte del ‘500 nonché i riferimenti dell’attesa di due messia, regale e sacerdotale, nei Salmi, nell’Enoch etiope e nei Manoscritti Esseni del Mar Morto, scoperti 30 anni dopo la morte di Steiner, in cui vengono chiamati “Messia di Israele e Messia di Aronne”. La “teoria dei due soli” propugnata da Dante si rifà a tale tradizione della doppia linea messianica: in questa visione l’Impero e il Papato erano due parti della stessa unità, il Cielo, entrambi dotati di luce propria. l’Imperatore deve illuminare il potere temporale mentre il Papa quello spirituale. Si contrapponeva alla teoria del Sole e della Luna, secondo cui l’Imperatore, la Luna, viveva di luce riflessa del Sole, il Papa.


Ebbene Dante, nel cielo del Sole, che ricordiamo essere l'origine dell'Eloah Cristo, menziona proprio le due figure chiave del mistero dei due Gesù. Dante si trova avvolto da due cerchie di 12 spiriti beati che procedono in direzione opposta: sono le luci più grandi del cristianesimo, San Tommaso d'Aquino e San Bonaventura sono i portavoce dei due cerchi. In ogni cerchio di beati vi sono 11 rappresentanti del Nuovo Testamento e 1 rappresentante del Vecchio Testamento, i due sono Salomone e "Nathan profeta". Salomone fu il costruttore del Tempio di Salomone, il fondamento prima dei Templari e della Massoneria poi (che erediterà lo spirito templare attraverso i templari rifugiati in Scozia), mentre Nathan ne fu il profeta.


Gustave Doré: Paradiso, Canto 12 (1968)

Queste due individualità vengono menzionate nel Vangelo di Luca e quello di Matteo, in cui è descritta l’infanzia di Gesù. I due Vangeli descrivono due Gesù bambini ben distinti e che per questo hanno una linea di sangue condivisa solo fino al Re Davide. La linea si divide poi in due, così che nel Vangelo di Luca viene descritta la linea sacerdotale di Nathan, mentre in quello di Matteo la linea regale di Salomone. Nel Vangelo di Luca abbiamo così raccontata la storia del “Gesù nathanico”, il cui annuncio viene fatto a Maria dall’Arcangelo Gabriele e l’adorazione dei pastori nella grotta; mentre nel Vangelo di Matteo abbiamo la storia del “Gesù salomonico” con l’annuncio angelico a Giuseppe nel sonno e l’adorazione dei tre Magi. Il Gesù salomonico nasce qualche anno prima del Gesù nathanico nel periodo della strage degli innocenti da parte di Erode, episodio del tutto assente nel Vangelo di Luca. Avviene dunque la fuga in Egitto, a Eliopoli, dove il Gesù salomonico attiva la conoscenza egiziana contenuta nel suo corpo astrale, appartenuto a Ermete Trismegisto. Il Gesù nathanico incorporava in sé la parte di anima di Adamo rimasta intoccata dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre, il Gesù salomonico incarnava invece l’Io di Zarathustra, il fondatore della civiltà persiana e annunciatore dello spirito della luce, Ahura Mazdao. Alla presentazione al Tempio, quando il Gesù nathanico ha 12 anni, l’Io di Zarathustra penetra nell’Anima di Adamo: il Gesù salomonico muore poco dopo, mentre il Gesù nathanico diviene Gesù di Nazareth il futuro veicolo fisico dello Spirito Solare, il Cristo.


Con questi nessi spirituali nell’anima vi invito, oltre a riscoprire Dante e meditarlo, a vedere il film-documentario di Louis Nero che affronta il tema dell’esoterismo di Dante con una pluralità di voci dal mondo esoterico, massonico, ebraico, cattolico e islamico. Il film è ricco di suggestioni e tratta in modo raffinato Il Mistero di Dante.



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